Sabato 22 dicembre il M.o Giuliano Gibertoni ha messo su Facebook il seguente post:


Il Settore Judo del Comitato Regionale dell’’Emilia Romagna lo ha messo fuori quadro,
probabilmente perché non ha frequentato interamente o parzialmente il Corso obbligatorio di
aggiornamento. Gibertoni fa judo da più di 60 anni e da 51 affilia il Geesink Modena, una storica società
emiliana che ha sfornato atleti azzurri, che ha vinto titoli nazionali, che ha costruito una palestra di
proprietà. Gli allievi di Gibertoni hanno poi aperto palestre e sviluppato il judo che hanno appreso da lui. E’
uomo di judo da sempre e da sempre sta sul tatami. Fino al 2016 è stato Vicepresidente del Comitato
Regionale dell’Emilia Romagna. Speriamo che la Federazione metta una pezza su questo “scempio”, ma
anche se tutto tornasse come prima il problema sollevato dalla foto di Giuliano resta tutto: gli Alti Gradi
sono un’opportunità o una zavorra da cui liberarsi?
Posso dire che la Federazione non è mai riuscita a trovare una collocazione per i suoi Alti Gradi
come hanno fatto ad esempio quella giapponese o quella francese, ma in alcune occasioni in passato ha
mostrato una certa attenzione per la categoria (Stage degli Alti Gradi di Brescia e Parma, Seminari del
Kodokan ospitati in Italia, Gruppo tecnico sulla didattica, ecc.). In quei casi però i Comitati Regionali si sono
spesso lamentati, perché si dovevano privare della quota di iscrizione degli Alti Gradi dagli aggiornamenti
regionali. In quel caso l’Alto Grado era utile alla Regione, ma solo per fare cassa.
In generale però per i Comitati Regionali gli Alti Gradi sono un problema privo di interesse: il judo
italiano ai suoi Alti Gradi non sembra avere da chiedere molto di più che metterli nelle commissione
d’esame. La cosa diventa paradossale nei Corsi tecnici regionali dove quasi per i Docenti mai si ricorre agli
Alti Gradi, preferendo a questi giovanotti magari appena usciti dall’agonismo. Il culmine lo si tocca nei Corsi
di aggiornamento, dove l’Alto Grado viene trattato alla stregua dell’Aspirante Allenatore e deve quindi fare
lo “studente”. Gli stage regionali di aggiornamento sono tenuti perlopiù da trenta-quarantenni spesso
priovi di alcuna competenza judoistica che sdottorano su alimentazione, calo peso, problemi fiscali,
arbitraggio con le novità descritte in sedute lunghissime, video analisi, motivazione all’agonismo,
preparazione fisica e mentale, psicologia, schemi motori e via di questo in una noia mortale e con un
nozionismo tecnicistico che l’Alto Grado spesso non è in grado di sopportare. Anche perché l’Alto Grado nei
50-60 anni di judo che ha alle spalle ne ha viste di tutti i colori, ma sempre sul tatami. Quando poi si attiva
una lezione sul judo vengono chiamati ad esibirsi campioni o ex campioni che mostrano la loro grande
perizia agonistica, assolutamente non trasferibile, fatta di contorcimenti atletici di grande valore e quindi
preclusi all’Alto Grado, spesso in conflitto con ogni didattica che si rispetti.
Gli Alti Gradi che hanno iniziato il judo negli Anni Cinquanta oggi sono probabilmente troppo in là
con l’età per essere ancora protagonisti sul tatami. Ma chi ha iniziato negli Anni Sessanta o Settanta e vuole
ancora dire qualcosa spererebbe di trovare in giro se non interesse almeno rispetto. Invece niente: tutti
dentro al calderone del giovanilismo a condividere tecniche e tattiche utili forse a vincere un’Olimpiade, ma
inutili in qualunque pedagogia. E tutto questo a fianco di Aspiranti Allenatori e Allenatori che spesso di judo
ne masticano pochino. Gli Alti Gradi del judo italiano sono la sua storia e poiché ne hanno passate tante
sanno anche stare con la schiena dritta in un momento in cui piacciono le servitù. Per cui se è certo che gli
Alti Gradi non sono un’opportunità o almeno non vengono vissuti in questo modo, è un po’ triste prendere
atto che sono diventati zavorra. Questo il messaggio di Giuliano. Su questo messaggio tutti quelli che fanno
judo farebbero bene a ragionare.

di STEFANO STEFANEL