di Stefano Stefanel

 

Sabato 22 febbraio 2020 a Vittorio Veneto si è disputata l’ultima gara del calendario federale. Poi il buio del lockdown sportivo, che oggi non vede ancora la sua possibile fine. In questo anno c’è stata un po’ attività di vertice a livello internazionale, alcuni tentativi coraggiosi a livello nazionale sia della federazione sia di alcuni club, con gare e stage che però si sono svolti in cornici irreali per il nostro sport.  Fino a qualche mese fa il 2021, nell’idea di tutti noi, era l’anno della ripartenza, dentro la “gioiosa illusione” che tutto sarebbe ritornato come prima. Invece abbiamo davanti a noi ancora molti mesi di sosta e tante difficoltà, anche economiche, da superare. Il nuovo Consiglio di settore darà le indicazioni e dovrà scegliere se essere “realistico” (progettare una ripartenza lunga che piano piano ci riporti alla normalità) o “onirico” (ripartire da dove tutto era stato interrotto come se nulla fosse accaduto).

Quando l’agonismo (con annessi allenamenti intensivi, raduni, stage, ecc.) potrà tornare a regime avremo però un’intera generazione di judoka che ha “saltato” due anni. Pesi cambiati, fisici diversi, motivazioni da verificare, soldi da trovare: questi solo alcuni dei problemi sul campo, tutti da affrontare con equilibrio e senso della misura. Io credo che per ripartire correttamente, per almeno due anni, si dovrebbe ragionare con quello che possiamo chiamare lo “spirito dei senior”. Cerco di spiegarmi: il senior è un atleta agonista che continua a praticare a livello amatoriale, ben sapendo di aver già giocato tutte le sue carte migliori. Lo fa per spirito sportivo, passione, interesse, ma non ha nel judo il suo impegno principale di vita. Il senior lavora o studia e ha una forte vita privata dentro cui cerca di far stare in equilibrio anche l’agonismo. Si disinteressa dei risultati, anche se è sempre alla ricerca di quelli migliori, a tutti i livelli. Al senior piacciono molto le gare a squadre, gli stage, le competizioni di livello medio o basso, ma non disdegna quelle di livello alto. Nei senior comprendo anche gli atleti master o quelli che fanno i kata, ma in quello spirito io credo debbano essere compresi, in questa emergenza, anche tutti quei giovani (da esordienti a juniores) che hanno perso due anni fondamentali della loro vita sportiva.

Non si tratta di diminuire le aspettative delle classi giovanili o di ricondurre ad una dimensionale amatoriale lo sport agonistico, ma di valorizzare lo spirito sportivo di chi si è visto privare di due anni di carriera nel momento più importante della sua vita agonistica. Prendendo spunto dallo sci e dal tennis tenderei a valorizzare le differenze sportive anche in funzione agonistica, permettendo una lenta e visibile crescita. In passato ho avuto modo di evidenziare i profondi errori insiti nella Ranking List emanata nel 2018 e che ha sostituito quella precedente. Credo la questione vada rivista proponendo una Ranking List che tenga conto della crescita dell’atleta e ne monitori lo sviluppo, senza effettuare tagli sistematici che fanno passare, ad esempio,  dal 14° al 124° posto nel giro di un week end, per effetto di un’idea (a mio modo di vedere assurda) che omologa tutta l’attività nazionale a quella internazionale.

Se alla ripresa dall’agonismo l’atleta potrà accumulare punteggi ai vari livelli sportivi sarà più incentivato a sviluppare un’attività agonistica anche locale e anche di livello medio o addirittura medio-basso. Personalmente non ritengo utile ripristinare gare nazionali per fasce di cinture o centrare l’attenzione solo sui Campionati Italiani, ma penso sia fondamentale dare valore a tutti i livelli dell’agonismo, in modo da permettere una ripartenza graduale che permetta a tutti di rimettersi in carreggiata nei futuri due anni. Non credo il nostro futuro sia legato a coloro che prima della pandemia erano “cinture colorate”, ma invece sia legato a tutti quegli atleti che prima della pandemia erano già cinture nere o lo stavano diventando.

Quindi vedrei l’attività agonistica collegata ad una nuova Ranking list basata su questi parametri:

  1. Tornei approvati dalla Fijlkam anche di carattere regionale o interregionale o internazionale (nazioni contermini): ogni atleta può conservare i tre punteggi migliori in questo tipo di gare, anche se non c’è limite alla partecipazione (potrebbe esserci una scala di questo genere: 1° posto 8 punti; 2° posto 7 punti; 3° posto 6 punti; 5° posto 4 punti; 7° posto 3 punti; 9° posto 2 punti; altri 1 punto);
  2. Campionati regionali aperti a tutti e Fasi di qualificazione: si possono accumulare tutti i punteggi (doppi rispetto a quelli del punto a)
  3. Tornei di Gran Prix: ogni atleta può conservate tutti i punteggi (doppi rispetto a quelli del punto b)
  4. Finali nazionali: ogni atleta può conservare tutti i punteggi (doppi rispetto a quelli del punto c)

 

In questa logica se poi si vuole aggiungere un “bonus internazionale” non penso che le cose cambino di molto. L’importante è che tutta l’attività che viene svolta dall’atleta scompaia lentamente dalla sua ranking (visto che comunque è frutto di un investimento sportivo ed economico) e pertanto a fine anno si individua una soglia bassa di punteggi (ad occhio e croce e visti i punti indicati direi 10 punti) e il resto  lo si dimezza. Questa modalità favorirebbe la partecipazione anche ad eventi locali, permetterebbe comunque a tutti di fare punti senza spese eccessive e spingerebbe solo i migliori ad aumentare i propri punteggi nazionali.

Nella logica dello spirito dei senior e quindi dello spirito di squadra si dovrebbe poi ripartire con il rilancio dell’attività a squadre, più semplici da gestire perché comunque con un numero di atleti limitati e tempi di gara certi. Campionati regionali o interregionali, tornei con incontri di andata e ritorno, qualunque tipo di gara che aggreghi e possa far rialzare gradualmente la testa all’agonismo. In due anni si vedrebbero gradatamente rifiorire molte manifestazioni individuali, che potrebbero godere di meno burocrazia, anche perché comunque i punteggi che assegnano sono di valore basso. Potrebbe poi nascere un reticolo di gare a squadre in cui la finale nazionale è solamente la “ciliegina sulla torta”.

Credo non si possa sottovalutare come un ritorno traumatico ad un agonismo nazionale e spinto metterebbe in difficoltà società sportive che vogliono perseguire l’agonismo senza dover riprendere la “folle” corsa verso un judo professionistico fatto da dilettanti puri.