Non è mai successo nella storia del Judo Kuroki che per così tanto tempo non abbiamo potuto allenarci e gareggiare. Dal 21 giugno 1981 non abbiamo mai sospeso gli allenamenti se non per qualche seduta, ma mai per un periodo lungo e consecutivo. Così nell’attesa che ritorni il futuro divertiamoci un po’ con il passato, magari cercando di scoprire attraverso cose che ci sono successe in quale parte dello sport stanno piantate le radici della nostra storia. Ovviamente è una storia raccontata da me che l’ho vissuta, con tutte le suggestioni che stanno nella testa, spesso tanti anni dopo. Però sono cose importanti da ricordare e noi del Judo Kuroki amiamo ricordare.

A come Armando. Foligno, 2000. Armando Maldonado ha messo piede a Tarcento nel 1991 in occasione del Torneo del Decennale, una sorta di follia messa in piedi per festeggiare i dieci anni del Judo Kuroki che ha visto la nostra squadra (Franco Del Bò, Stefano Stefanel, Giuliano Casco, Daniele Cuciz, Tomasz Blach, Alessandro Papaleo, Johnny Volpe e Denis Braidotti) affrontare la Nazionale di Cuba: 8 a 0 per loro. In quella nazionale cubana c’era anche Armando Maldonado che poi avrebbe sposato Maurizia Tonini, la “magistra” del Judo Kuroki, tecnico e arbitro che ha affiliato per anni il Judo Kuroki, visto che io non potevo farlo perché Consigliere Federale, mentre gli altri tecnici erano tutti atleti e a quel tempo non si poteva fare le due cose insieme. Dopo il matrimonio Armando è diventato anche italiano (come poi Eric de la Paz) e ha combattuto per il Judo Kuroki sia nelle gare individuali sia in quelle a squadre. A Foligno nel 2000 il suo capolavoro e la vittoria nel Campionato Assoluto Italiano (non molto considerato dalla Federazione che lo ha solo convocato un paio di volte senza farlo mai combattere) in finale contro il Carabiniere Gianluca Giaccaglia. Dopo la vittoria salto mortale all’indietro di Armando e titolo per il Kuroki.

B come Beto. La Roche sur Yon e Bad Säckingen, 1985. Alberto Stefanel, che abbiamo sempre chiamato Beto, col suo furgone rosso (quello finito fuori strada al rientro da Rieti) doveva accompagnare alcuni nostri giovani atleti tra cui Manuela Tondolo e Fabiana Fusillo a La Roche sur Yon (in Vandea, Nord Ovst della Francia) per uno stage di una settimana. Così gli dico: “invece di tonare a casa diretto perché non vieni in Germania dove facciamo il Wanderpokal der Trompeter?”. Lui mi dice di si invece di mandarmi in quel paese. E così il 19 luglio dopo l’allenamento della sera col furgone parte e guida tutta la notte fino a Bad Säckingen nella Germania sud occidentale vicino al confine con la Svizzera. Gli atleti sul furgone (c’erano anche Paolo Trevisan, Paolo Fonzar, Paolo Cragnolini e Johnny Volpe) dormono rannicchiati e arrivano in Germania stravolti dalla notte di viaggio in furgone. Ma al pomeriggio sono tutti in gara: Johnny arriva secondo, Manuela terza, Fabiana, Trevisan e Fonzar quinti, Cragnolini nono. Un atto eroico di quei tempi in cui si combatteva senza badare a vittorie e sconfitte. Il giorno dopo, 21 luglio 1985 in gara junior e senior del Judo Kuroki con anche Alberto Stefanel sul tatami (2°) dopo un’altra notte in furgone (la scelta era dormire sul tatami o nei furgoni). C’erano anche Laura Di Toma (prima), Miriam Comelli, Sabrina Puleo, Pio Costantini (secondi), Monika Pascolo, Franco Del Bò, Loris Comelli, Luigi Alberto Trevisan, Stefano Stefanel, Roberto Madrassi, Paolo Calligaro lo smilzo, Alessio Di Luca, Daniele Cuciz. C’è un altro ricordo di quella gara (oltre una notte passata in mezzo alle zanzare): ero arrivato quinto nella mia gara e stavo seguendo la finale di Pio Costantini, arbitrata in modo inqualificabile. Ma ero così agitato e così stravolto ed ero così  minaccioso verso gli arbitri, che ad un certo punto ho sentito Madrassi, Cuciz, Di Luca, Calligaro e mio fratello che mi sollevavano e mi portavano fuori dal palasport a forza di braccia.

C come Cancun. Cancun, Messico. 2018. Davide Mauri voleva fare solo l’agonismo e non amava i Kata. Anzi li snobbava. Dopo un’ottima carriera da atleta nel Judo Kuroki si era anche dedicato all’arbitraggio. Poi ha scoperto i Kata e ha scalato tutto lo scalabile ottenendo risultati in campo nazionale e internazionale prima insieme a Marinella Bubnich e poi insieme a Massimo Cester. I Campionati del Mondo a Cancun arrivano a sorpresa dopo una prima parte di anno non eccezionale. La gara è trasmessa in streaming e dal Messico arrivano immagini non nitide. Nitido è anche il risultato ottenuto in Messico: un terzo posto che porta una medaglia importantissima in una gara lontana, che però è un Mondiale.

D come “Dov’è Del Bò?” – Sarreborg, Francia. 1989. Partecipiamo al Tournoi internazionale de Sarrebourg in Francia (Alsazia). Una gara difficile in cui arpioniamo un quinto posto. Viaggiavamo col “furgone di Pio”, cioè con il furgone che ci prestava Pio Costantini. Dopo la gara ci fermiamo a cena e poi ripartiamo subito come si faceva a quei tempi. Verso le quattro del mattino ci fermiamo in un Grill in Germania e ci sgranchiamo un po’, qualcuno va in bagno e qualcuno continua a dormicchiare. Dopo un quarto d’ora siamo pronti a partire e Denis Braidotti dice: “Fermi, dov’è Del Bò?”. Ci guardiamo tutti e cerchiamo di capire dove è finito Franco Del Bò. E’ notte fonda e ci prende lo sconforto di averlo lasciato in Francia e quindi di dover tornare indietro a riprenderlo. E’ il 1989 e non ci sono cellulari o altri mezzi di comunicazione  e non sappiamo neanche chi chiamare. Poi Johnny dice: “Ma a me sembra che Del Bò non sia venuto alla gara”. Nessuno si ricorda, cerchiamo nella memoria cosa è successo solo qualche ora fa. Allora mi viene un’illuminazione e dal fondo della mia borsa cerco la copia dei verbali della gara: Del Bò non era mai partito dall’Italia, era di certo nel suo letto udinese e noi potevamo ripartire. I protagonisti di quella notte sono Tiziano Tieppo, Stefano Stefanel, Luca Patini, Roberto De Re, Johnny Volpe e Denis Braidotti.

E come Europei. Leonding, Austria. 1986. Agli Europei juniores femminili andiamo con due atlete. Manuela Tondolo è Campionessa Italiana e punta al podio, Fabiana Fusillo è entrata nel lotto all’ultimo momento, forte di grandi potenzialità. Manuela fa una gara ottima e va in finale con sicurezza: a vederla c’è anche suo padre (non credo sia successo molte altre volte). In finale perde forse un po’ingenuamente, ma comunque è argento europeo. Fabiana parte perdendo e mostra la sua grande caparbietà e la sua altrettanto grande inesperienza. Nel ripescaggio si butta addosso a una polacca che sfrutta l’ardore di Fabiana e colleziona molti vantaggi: quando mancano 7 secondi alla fine la polacca ha 1 Waza Ari, 5 Yuko e 2 Koka di vantaggio mentre Fabiana non è riuscita a mettere a segno nemmeno un colpo. Il coach azzurro tace perché non riesce a capire come venirne fuori. Fabiana mi guarda (sono in alto nell’ultima fila del Palasport) e io da cinque minuti sto solo urlando di attaccare. Lei si avventa sulla polacca e tira un Tai Otoshi che lascia l’avversaria a terra per quasi dieci minuti. Già un quinto posto andrebbe bene, col secondo di Manuela in tasca, anche perché l’avversaria di Fabiana nella finale è una francese molto forte e contro cui Fabiana pare avere poche possibilità. All’Hajimè la francese di mette a ballare e poi parte in un Ashi Guruma convinta di stampare Fabiana. Non ha fatto i conti con l’Ura Nage che la tramortisce e la lascia a terra di schiena sorpresa e sconfitta. Così torniamo a casa con due medaglie da quell’Europeo.

F come Firenze. 1991. Non c’è niente di peggio per far saltare il sistema nervoso che essere favoriti e andare vicino alla sconfitta. A Firenze ai Campionati Italiani Juniores andiamo con quattro atleti: due sono vincitori certi e due hanno buone possibilità. I due con buone possibilità fanno una grande gara: Elena Barberi arriva terza con una prova superba, mentre Giuliano Casco in una gara lunghissima fa il 7° posto e conquista la cintura nera. I due strafavoriti sono Johnny Volpe e Denis Braidotti. Entrambi vanno in finale senza problemi e entrambi in finale si trovano in enormi difficoltà. Johnny Volpe va subito sotto di Waza Ari e non riesce a riprendere l’incontro: probabilmente gli trasmetto anch’io dal bordo insicurezza. L’ippon con cui vince il titolo (un Tai Otoshi da favola) ci toglie i patemi. Denis Braidotti è seguito da Alberto Stefanel, il suo maestro, ma pasticcia e non poco in una finale che sembrava dover finire subito. Invece è quasi allo scadere che arriva l’ippon. Io e Alberto a fine gara ci guardiamo: ce l’abbiamo fatta, ma qualche calcolo sbagliato lo abbiamo fatto e invece di trasmettere sicurezza abbiamo trasmesso incertezza. Comunque di Campionati Italiani Johnny  e Denis ne hanno vinti sia prima che dopo.

G come Gilda. Ljubljana, Slovenia. 2004. Gilda Rovere è stata un grande talento del Judo Kuroki (ha poi chiuso la carriera nei Carabinieri). Ha avuto alti e bassi e a livello internazionale non è riuscita a raccogliere quello che meritava. Nel 2004 viene convocata per i Campionati Europei under 23 a Liubljana. La gara non è molto considerata dalla Federazione e infatti nell’ultimo periodo invece di essere convocata in ritiro sta a casa. Poiché a terra è “scarsetta” proviamo varie volte un Harai-juji-jime molto scolastico, caso mai serva. A Ljubljana con il Tupa Claudio Rovere e Manuela Tondolo al fianco assistiamo al trionfo di Gilda che fa la medaglia dopo aver vinto i due incontri decisivi strangolando le avversarie. Una ella sorpresa e una vittoria della grande grinta di Gilda. L’urlo dopo la vittoria, suo sul tatami e mio in tribuna, è liberatore.

H come Hausruckpokalturnier. Hofkirchen an der Trattnach, Austria. 1994. Il 25 agosto partiamo al mattino per Hofkirchen an der Trattnach nel salisburghese. Arriviamo nel primo pomeriggio ma non c’è nessuno, sembra un luogo deserto. Dopo aver girato per il paesino grande non più di Vedronza troviamo una piccola palestra scolastica aperta. Dentro sono montati due tatami 5 per 5 con un metro di bordo. In questo modo il bordo del tatami arriva al muro. C’è anche un tavolino. Noi pensiamo che sarà una gara per finta. Poi alle due e mezza, ora di inizio del peso, arrivano alcuni furgoncini con tutta la nazionale austriaca maschile, con i reduci dalle Olimpiadi di Los Angeles guidati da Josef Reiter che aveva battuto nella finale per il terzo posto il nostro Sandro Rosati. Oltre ai nazionali austriaci arrivano un’altra trentina di atleti con tutti i migliori austriaci. Poi arriva Alois Groissbock, atleta-tecnico-presidente-magazziniere del Judo Club Horkirchen. Due fogli di carta, due cronometri, due arbitri, un paio di segnapunti e via alla gara. Gli atleti tengono il tempo e la gara nello spazio angusto è molto difficile. Pio Costantini e Alberto Stefanel sono appena ornati da un mese in Giappone e sono molto stanchi. Così succede che io abbia fatto una delle più belle gare della mia vita, con un Uchi mata a velocità mai più raggiunta nella finale per il terzo posto contro Helmut Mayer dopo aver perso di misura con Joser Mayr. Senza care system, senza ambulanze, senza terne arbitrali, senza tribune, senza manfrine. C’erano anche Roberto Madrassi, Daniele Cuciz, Luigi Alberto Trevisan, Paolo Calligaro, Stefano Giorgiutti.

K come Kunta. Forlì 1994. Il Campionato Italiano a squadre di 7 pesi è una gara difficile che ci sta molto a cuore. Siamo in Serie A dal 1985, ma questa volta sembra proprio difficile poter non retrocedere: le squadre avversarie sembrano sulla carta tutte più forti di noi. La gara è stata spostata e non possiamo schierare il nostro atleta più forte, Luigi Rovere, che è in ritiro con la Nazionale juniores per gli europei. Così siamo autorizzati a prendere un prestito e prendiamo lo sloveno Thomas Stanisa, mentre l’altro prestito all’ultimo minuto non arriva. La gara è a 8 squadre e due retrocedono: Carabinieri, Fiamme Gialle e Fiamme Oro sono molto più forti di noi; Ronin Monza, Centro Ginnastico Torino, Akyama Settimo Torinese e Kodokan Napoli sono oggettivamente più forti di noi, che ci presentiamo anche indeboliti. Perdiamo bene per 4 a 3 col Centro Ginnastico Torino e con l’Akiyama Settimo Torinese ci giochiamo la permanenza nella massima serie. E Alessandro Costante fa il miracolo: con un incontro capolavoro ci tiene in Serie A 1, galvanizzando la squadra che dopo di lui comincia a vincere e porta con Giuliano Casco, Johnny Volpe e Thomas Stanisa i punti decisivi. Nella finale per il terzo posto il Ronin Monza rispetta il pronostico e ci  batte 5 a 2. Ma quel 4 a 3 sull’Akiyama mostra quello che sarà Kunta per il Judo Kuroki, un trascinatore. C’erano anche Tiziano Tieppo, Paolo Trevisan, Junio Valerio Tullio Filippig, Gianluigi Pugnetti, Daniele Cuciz.

I come Italia. Tarcento 1990. Nel 1990 l’allora Direttore Tecnico Nazionale Remo Ventutelli inviò al 9° trofeo Tarcento, una gara giovane ma cresciuta in forma esponenziale, una squadra azzurra. A guidarla Laura Di Toma che aveva fatto parte del Judo Kuroki fino a pochi anni prima. La squadra era formata solo da atleti friulani perché a quel tempo il Friuli era in grado di dare corpo ad una squadra nazionale (poi non è più successo, poi si è molto litigato). Tre di quei otto atleti erano del Judo Kuroki : Tiziano Tieppo, Johnny Volpe, Denis Braidotti. Gli altri erano Massimiliano Madeddu, Marco Cainero, Gabriele Quaino e Giancarlo Pizzinato. Quell’Italia tutta friulana è stata una delle cose più belle che ho visto nel un momento di grande crescita del Judo Kuroki (nel 1989 eravamo arrivati secondi dietro ai Carabinieri nel Gran Premio Società).

J come Judo Kuroki. Tarcento 1997. Forse non tutti sanno che il maestro Minoru Kuroki è stato una volta a Tarcento al Judo Kuroki. Era il 1997 e Kuroki è passato per qualche giorno a Udine. Così abbiamo organizzato un allenamento con lui e poi una cena al Ristorante Costantini. Minoru Kuroki era arrivato a Torino nel 1968 per poi passare allo Yama Arashi Udine nel 1969. Nel 1970 c’era stata una scissione ed è nato il Tenri Udine di cui lui è diventato tecnico fino al gennaio 1973 quando era rientrato in Giappone, in quanto i suoi genitori hanno deciso che si sposasse e prendesse il cognome della moglie Myodai. Il Judo Kuroki ha incontrato il maestro nei suoi viaggi in Giappone, ma io lo ricordo giovane, grassoccio e molto sveglio nei suoi anni udinesi. Aveva un debole per mia madre: a una festa del Tenri venne vestito in kimono e ad un certo punto la prese in braccio e voleva portarsela via (ma mia madre invece non voleva). Gli spiegarono che in Italia non si fa così (credo non si faccia più così neppure in Giappone) e la cosa finì lì. Frase tipica: “Stefanelli come tu?”.

L come Le Havre. Le Havre, Francia 1988. L’invito diceva di portarsi la giacca a vento e i calzettoni di lana. Ma noi non l’avevamo letto con attenzione. Siamo arrivati a Le Havre nel nord della Francia per il Tournoi International de l’ASPAH. Era il 3 aprile del 1988. Quando siamo arrivati alla sede di gara abbiamo scoperto che era uno Stadio del Ghiaccio con il tatami messo sopra il ghiaccio. Un freddo siberiano e tutti gli altri – che avevano letto l’invito – con i calzettoni di lana e la giacca a vento. La squadra maschile in gara si è sfaldata beccandosi un 4 a 0 e un 2 a 0 (c’erano i pareggi, a quel tempo, e li facevo quasi tutti io: a Le Havre ne ha fatto uno anche Silvano Cracina). Le donne invece hanno fatto una grande gara: primo posto sia per Laura di Toma, sia per Manuela Tondolo. A Le Havre a ghiacciare c’erano anche Tiziano Tieppo, Alessio Di Luca, Gianluigi Pugnetti e Monika Pascolo.

M come Montenegro. Bar, Cerno Gora (Montenegro). 2012.  Il Trabiccolo Soraya Luri Meret ce l’ha fatta e va ai Campionati Europei in Montenegro. Ci va in auto con Ernesto Luri anche Alessandro Kunta Costante che ha seguito Soraya nella preparazione. Si vedono le immagini via streaming, non sono nitide, ma mostrano una ragazza senza paura, pur in una categoria come gli oltre 70 chili che vede in gara anche atlete di oltre 120 chili. Soraya vince tre incontri, ne perde due contro avversarie più grosse, dà l’impressione di poter fare la medaglia, ma si ferma al 5°posto che è un grande risultato comunque (giusto per dire Soraya di Campionati italiani ne ha vinti quattro). Le immagini mostrano anche Kunta che dalla tribuna dà suggerimenti e mima il combattimento. Le immagini da lontano entrano nel nostro sport e sono una novità. Soraya lascia un segno ed è un segno forte.

N come Nage No Kata. Koper, Slovenia 2018. A Gino Gianmarco Stefanel non piacciono moltissimo i Kata anche se li pratica con cura con Alessandro Cugini. Dopo un periodo di assestamento nel 2018 arrivano dei buoni risultati e viene convocato per i Campionati Europei di  Koper in Slovenia. L’importante è esserci e così senza pensarci arriva un terzo posto inatteso, ma molto importante. Poi la coppia si stabilizzerà fino a raggiungere il secondo posto ai Campionati Italiani e a disputare varie gare in Nazionale (l’ultima prima dello stop per il Coronavirus è stata proprio un’European Cup in Belgio il 1° marzo). Ma quel terzo posto è un raggio di sole inaspettato.

O come Marco Orlando. Ponzano Veneto, 2019. Nel Campionato Italiano a squadre di A2 a Ponzano Veneto partiamo teste di serie più per vecchi risultati che per prove recenti. Abbiamo una buona squadra e vogliamo giocarcela. Passiamo il primo turno come teste di serie, vinciamo bene il secondo turno per 4 a 1 contro il Judo Valbrenta e il terzo turno in modo più difficile per 3 a 2 contro il Kodokan Lucania. Siamo aiutati anche un po’ dalla fortuna perché l’Accademia Prato sulla carta sembra più forte di noi, ma perde a sorpresa. Così ci giochiamo la medaglia contro il Preneste Roma, anche questo sulla carta più forte di noi. E’ successo tante volte e i molti quinti posti parlano di un Judo Kuroki andato spesso in fondo ma anche poche volte sul podio. Penso un po’ a che formazione mettere in gara e mi decido scegliendo Marco Orlando. E Marco Orlando ci da il punto decisivo: di ippon ne fa due in piedi, ma uno glielo contano Waza Ari: incontro perfetto, dopo lo svantaggio attacca indietro e fa il primo Waza Ari. Poi aspetta la reazione dell’avversario e in contraccolpo fa l’ippon che vuol dire la medaglia d’argento. C’erano anche Gianluca Tieppo, Gino Gianmarco Stefanel, Alessio Marini, Giacomo Cugini, Igor Potparic, Astrit Resuli e Vito Dragic. Con Orlando, dopo tanti anni, sono tornato ad urlare dal bordo tatami.

P come Polo. Olbia, 2016. Fabio Polo ha iniziato da bambino a fare judo al Kuroki. Ha disputato oltre 200 gare partecipando a vari Campionati Assoluti e raggiungendo un buon livello, che lo ha portato a essere titolare nella gara a squadre per vari anni. Poi ha scoperto i Kata e dopo un inizio insieme a Patrick Bertoni ha gareggiato con Enzo Calà fino a raggiungere il titolo europeo del 2014 a Lignano Sabbiadoro. Ma è in coppia con Marika Sato (che per anni aveva gareggiato insieme ad Alfredo Sacilotto ottenendo grandi risultati) che Polo è esploso. A Olbia nel 2016 hanno portato a casa due titoli europei, ma lui lo ha fatto col suo solito modo caracollante e tranquillo, quasi chiedendo scusa di essere lì. Guardi Marika è vedi una “white tiger” pronta a distruggerti, guardi Fabio e vedi un pulcino che quasi chiede scusa per essere lì. E così le sue vittorie più belle e nette (troppo lungo fare l’elenco) sono anche le più tranquille e dunque quelle che lasciano più il segno. Poi Fabio è umile, si allena con regolarità e umiltà. E Marika è un esempio per tutti. A Olbia c’erano anche Giuliano Casco, Gloria Venchiarutti, Gianluca Tieppo, Alex Londero, Ivan Shaurli.

Q come quinto posto. Tarcento 1998. Organizziamo il Campionato a squadre di Serie A 1 a Tarcento nel Palasport e grazie a Gianluigi Pugnetti mettiamo in piedi una squadra molto competitiva. Ma competitivi sono anche gli altri. La gara è a 7 pesi (oggi non ce la farebbe più quasi nessun club a fare una squadra del genere)  e le squadre sono otto, tutte di valore assoluto. Noi ci siamo attrezzati per cercare di battere i militari con tre stranieri di grande valore. Dopo aver battuto per 4 a 1 il Kodokan Master Pisa ci troviamo di fronte alle Fiamme Gialle Roma: e io sbaglio la formazione. Sono convinto che ne perdiamo sicuramente tre e che quindi devo rischiare il nostro uomo più forte contro il loro uomo più forte. E faccio l’errore che pagheremo caro. Tiziano Tieppo perde ma l’avversario era fuori portata. Sono sicurissimo che anche il giovane Josef Krnac (che poi nel 2004 arriverà secondo alle Olimpiadi) perderà contro la medaglia olimpica Girolamo Giovinazzo: e su questo punto perso ho costruito la squadra. Invece in un Palasport diventato una bolgia Krnac batte in maniera nettissima Giovinazzo, chiudendo con una leva da brivido. Nell’incontro successivo il tedesco Ralph Akoto – che io pensavo battesse in poco tempo il finanziere Apolloni – vince ma proprio di misura. Giuliano Caco non ce la fa a vincere e a questo punto il mio errore si fa sentire perché Maldonado perde con il compianto Michele Monti, ottimo e leale atleta e grande persona. Il tedesco Daniel Gürschner batte nettamente Pascucci e quindi sul 3 a 3 tutto è nelle mani di Johnny Volpe che perde di misura con Scognamiglio, un incontro che io speravo vincesse. Dove sta l’errore? Facile: dovevo spostare Maldonado con Pascucci e Gürschner con Scognamiglio e saremmo andati in finale con i Carabinieri di Braidotti. Venti e più anni dopo però alla domanda: Krnac nel 1998 poteva vincere con Giovinazzo risponderei però ancora di no. C’erano anche Marco Trevisan, Junio Valerio Tullio Filippig, Alessandro Costante, Ambrogio Londero, Silvio Fraccascia, Silvano Cracina, Andrea De Pauli, Alberto Stefanel. Comunque nei 35 Campionati Italiani a squadre di Serie A disputati ne abbiamo fatti in tutto 12 di quinti posti.

R come Jaroslaw Riyx. Opole, Polonia. 1990. Giuliano Casco è Presidente del Judo Kuroki dal 1994 e nel 2019 è diventato Campione Italiano Master. Ma il ricordo più forte rimane quella notizia dalla Polonia, arrivata da un telefono fisso in cui non si sentiva molto bene e che mi diceva che Giuliano aveva vinto il Mistrowza Judo Opole, una gara internazionale a cui partecipavano i Paesi dell’Est e che non ci aveva mai detto molto bene. Ma la notizia ancora più bella è stato sapere che in finale aveva fatto Ippon in piedi a Jaroslaw Ryx, atleta della nazionale polacca, protagonista anche di Trofei Tarcento e atleta sulla carta di valore superiore a Giuliano. Una grandissima soddisfazione. C’erano anche Alessio Di Luca, Luca Patini, Junio Valerio Tullio Filippig.

S come Sugai. Tokyo, Giappone 1985. Stiamo facendo allenamento al Kodokan di Tokyo. C’è la Nazionale Giapponese guidata da Hitoshi Sato. Il grande tatami del Kodokan è diviso in due parti: fino a 73 chili e oltre 73 chili. Sto combattendo con un giapponese che mi mette in difficoltà quando sento un boato venire dalla parte dei pesi alti. Qualcuno si è preso un ippon gigantesco, ma si sente un forte rumore perché le persone stanno tutte guardando in quella direzione. Mio fratello Alberto mi dice: guarda veloce. Lascio il mio avversario e vado a mettermi gli occhiali giusto in tempo per vedere quello che di lì a un mese diventerà Campione del Mondo Hitoshi Sugai che aggredisce Enrico Shaurli:  parte con un Harai Goshi per stamparlo e subisce un secondo monumentale Ura nage. Yamashita e Saito, che stavano facendo un randori leggero a base di calcetti, si fermano allibiti. Sato è in piedi a bordo tatami con le mani ai fianchi. Sugai si alza inferocito e si avventa su Enrico: nuovo Harai Goshi, quello che gli ha permesso di diventare Campione del Mondo e nuovo Ura Nage di Enrico. Boato del tatami. Sato ferma Sugai, chiama Yamashita, Sato e Masaki e tutti e cinque se ne vanno. Enrico viene verso me e Beto e dice: “Mi sa che quello là si è arrabbiato”. A Tokyo c’era a godersi la scena c’era anche Alessio Di Luca.

T come Toyokazu Nomura. Wakayama, Giappone. 1985. Io, Alberto Stefanel, Alessio Di Luca ed Enrico Shaurli siamo ospiti per una settimana a Wakayama del campione olimpico Toyokazu Nomura. Facciamo allenamento nella sua High School. Durante un allenamento entro in Tomeo Nage e un ragazzo (avrà avuto 17 anni) appoggia il braccio per non cadere e se lo rompe. Nessuno dice niente, io dico che mi dispiace e sono contrito, ma l’allenamento continua e andiamo a casa. Il giorno dopo la mattina poltriamo prima dell’allenamento e a mezzogiorno a pranzo ci riempiono di crostacei, tempura, yakimeshi. All’una Nomura ci avverte che andiamo ad allenamento. Ci sono 38 gradi e 98% di umidità. I ragazzi dell’High School ci aspettano e come ogni giorno ci fanno le feste. Nomura ha vinto le Olimpiadi di Monaco nel 1972 nei 70 chili, ma adesso ne pesa più di 100. Iniziamo con Taiso e Uchi Komi poi quando iniziano i randori (che durano 5 minuti l’uno) mi invita. Ne facciamo 11 di seguito: 55 minuti di inferno dove piango ma non mollo e dove vengo riempito di botte. Mio fratello ad un certo punto mi dice: “Vuoi che gli parli. Mica lo hai fatto a posta?”.  Io dico di no e vado avanti anche quando non ce la faccio più. Poi tutto finisce. Non una parola sull’argomento: ho pagato la mia colpa.

U come Ucraina. Dnepropetrovsk, Ucraina. 1997. Nel 1995 con un colpo di follia (non il primo e non l’ultimo) decidiamo che nel 1996 parteciperemo alla Coppa dei Campioni a squadre di judo. Il sorteggio ci assegna la squadra Ucraina del Taifu Dnepropetrovsk che viene a Tarcento e ci rifila un netto 7 a 0 (Tiziano Tieppo, Paolo Trevisan, Alessandro Costante, Daniele Cuciz, Giuliano Casco, Johnny Volpe, Luigi Rovere che si infortuna pesantemente al piede e a bordo tatami Alberto Stefanel). Così decidiamo di ritentare l’anno dopo e il sorteggio ci assegna di nuovo il Taifu a Dnepropetrovsk. Cerchiamo di convincerli a invertire i campo di gara, ma non c’è niente da fare. Così Gianluigi Pugnetti decide di guidare la folle impresa: aereo fino a Kiev e poi autobus fino a Dnepropetrovsk, otto ore nel nulla. Finisce 6 a 1 per gli ucraini, noi abbiamo in gara Mojmir Kovac che vince, Franco Del Bò, Alessandro Costante, Giuliano Casco, Andrea Stoppa e Johnny Volpe. La follia non si ferma e decidiamo di combattere in Coppa Campioni anche nel 1998: mettiamo in piedi una bella squadra piena di speranze e il sorteggio ci manda in Belgio contro il Jenos Kwai Hooglede. Viaggio in auto e altro 6 a 1 con Luigi Rovere (già in Polizia e che ci viene concesso come prestito) che vince, Slobodan Matarugic, Paolo Trevisan, Francesco Giorgi (che aveva fatto le Olimpiadi ma che ha perso lo stesso), Giuliano Casco, Armando Maldonado, Johnny Volpe. Come in Ucraina Pugnetti ha guidato la squadra. Poi, per fortuna, ci siamo fermati.

V come Volpe. Bergamo 2003. Il “divino” Johnny Volpe ha già vinto sei titoli italiani, ma sta sempre a fianco del Judo Kuroki senza mai tirarsi indietro. Non si allena molto anche perché vive a Courmayer per lavoro. Ai Campionati Assoluti si presenta nei pesi massimi più che altro per cercare di fare una bella gara. La fa bellissima e in finale di poule si trova davanti a Denis Braidotti, che sta nei Carabinieri ed è nel pieno della sua carriera internazionale. Con un incontro intelligentissimo Johnny non fa nulla per vincere e perde senza gettare neppure una goccia di sudore. Poi nella finale per il terzo posto (che guardo dalla parte opposta del Palasport visto che non posso stare a bordo tatami) tira un Uchi mata straordinario a Fausto Gobbi che pesa almeno trenta chili più di lui. Un bronzo che vale più di molti oro, fatto col cuore e con l’intelligenza. C’erano anche Fabio Polo, Davide Mauri, Fausta Culino, Gilda Rovere.

W come World Championship. Barcellona, Spagna. 1991. Manuela Tondolo è convocata per i Campionati Mondiali. Le faranno disputare gli Open (adesso la categoria non si fa più), ma al primo turno le tocca una polacca troppo più grande di lei. Si chiude con il Mondiale di Barcellona la carriera internazionale di Manuela, costellata da caparbietà, voglia di fare contro tutto e contro tutti. E sedute di allenamento infinite, con tabelle durissime e l’allenamento come aiuto per un fisico che non l’ha mai aiutata. Ricordo tutti i suoi sei titoli italiani, l’argento europeo e i suoi quinti posti agli europei (quello di Pamplona bellissimo). Ma ricordo anche quel suo mondiale, voluto con forza, aggredito dopo un incidente grave in allenamento, cercato con caparbietà. Andato male? No, andato alla grande, come grande è stata la carriere di Manuela e la sua forza nel Kuroki. Unica cosa andata a male nella trasferta di Barcellona è stata la camera d’albergo in cui ho dormito: ancora oggi mi vengono i brividi a pensare a quanto era sporca. Ho dormito in tuta sul copriletto, ma non è detto che fosse il modo migliore.

X come Decima European Cup. Lignano Sabbiadoro 2011/2019. Dopo l’organizzazione del Campionato Europeo Master del 2009 (che ci fu assegnato grazie a Matteo Pellicone e Franco Capelletti) e chi ci ha portato a vincere il Premio Eju per la miglior organizzazione popolare ci siamo cimentati in nove edizioni del Trofeo Tarcento diventato European Cup Juniores. Almeno 70 volontari per edizione, un lavoro capillare durato anni. E ora l’edizione spostata per il Coronavirus dal 3-8 aprile al 30 ottobre – 4 novembre. Una speranza che tutto finisca e tutto torni come prima.

Y come Yugoslavia. Ljubljana, Yugoslavia. 1983. Nel 1983 c’era la Yugoslavia. Eravamo al Nagoka e io mi stavo preparando per affrontare il campione yugoslavo Stefan Cuk nell’incontro per entrare in semifinale (c’era l’eliminazione diretta senza ripescaggio). Mio fratello Beto mi fa: “Guarda che ti sta cercando Mattiazzi.” Fermo la preparazione pre-combattimento e mi metto gli occhiali. Dall’altra parte dell’Hala Tivoli di Ljubljana c’era, in mezzo al tatami, Federico Mattiazzi, a quel tempo master e quindi impossibilitato a combattere in Italia dove dopo i 35 anni bisognava smettere, che urlava: “Mestri, ce fasio jo chì?”. Domanda logica visto che davanti aveva un polacco che aveva fatto le Olimpiadi. Andò male a Mattiazzi e anche a me che persi con Cuk (chi fa le gare in Slovenia lo conosce, perché è lo speaker di tutto il judo sloveno). Mattiazzi non si fece male (per fortuna) e io avrei perso anche se non mi deconcentravo.

Z come Zaccomer. Chieti, 1994. Porto Luigi Rovere e Eleonora Zaccomer ai Campionati Italiani Juniores di Chieti. Un lungo viaggio in macchina. Gigio Rovere fatica in finale con Nosei, ma alla fine la spunta. Il Tupa Claudio Rovere – papà di Gigio – tiene in mano durante la finale una lattina e la stritola con la mano facendo fuoriuscire il liquido: tensione e poi gioia. A seguirli non c’è nessuno, perché sono Consigliere Federale e non posso fare il tecnico. Eleonora Zaccomer – che noi soprannominiamo l’Orca assassina – va in finale senza neppure sudare, ma per il primo posto si trova davanti la romana Laici che la mette in difficoltà. Dal tatami lei mi guarda, io vorrei dirle molto e non posso dire niente. Poi dico a Gigio: urlare di tirarla su quando si butta a terra e di attaccare. La Zaccomer fa segno di non aver capito, ma quando la Laici si butta nell’ennesimo Seoi otoshi lei la prende per la cintura, la solleva, se la carica sulla schiena e la schianta. Diciamo oggi che non ero molto sicuro del suggerimento, ma non vedevo altre possibilità. Per fortuna non le ha viste neppure lei.

(Stefano Stefanel, 15 marzo 2020)